LA CASA COSTRUITA DA GIUSEPPE PERUGINI A FREGENE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la Repubblica del 23 agosto 2018

LA CASA-ALBERO DIMENTICATA

Giuseppe Strappa

Se ripenso alla casa che Giuseppe Perugini si costruì a Fregene alla fine degli anni ‘60, posso dire che é nata in mezzo alla musica. Lo so che sembra una frase retorica. Ma è proprio così. Nello studio di Via dei Traversari c’era musica dovunque, a tutto volume, sempre. Rock americano soprattutto, ma anche musica giamaicana, pop e tanto altro. Ricordo l’architetto, con i capelli lunghi spettinati, il naso aquilino, gli occhi acuti e mobilissimi che disegnava in un caos totale, tra acuti di chitarra e vibrazioni di bassi che entravano nello stomaco. Altro che ricerca paziente, come insegnava papà Le Corbusier! Per Perugini, nato in Argentina, l’architettura era una liberazione, il sogno estatico di un futuro meccanico/umanistico in cui non vedeva alcuna contraddizione. Forse era l’anima romantica del moderno: seguiva principi razionali ma li portava in territori estremi e inesplorati, dove diventavano materia poetica. Trasformava la suggestione della macchina (dilagante a quei tempi) da simbolo di esattezza in fascinazione dinamica, evocazione del caos. Ma con calviniana leggerezza, senza caricare le proprie creature del gravame ideologico dei costruttivisti russi o dei futuristi nostrani. O almeno io la vedevo così.
Il progetto della sua casa era un incredibile assemblaggio di volumi che si aggregavano e cambiavano posto di mese in mese, un infinito gioco colorato al quale si univano con passione la moglie Uga e il figlio Raynaldo. Finché la costruzione apparve, magnifica, sospesa a mezz’aria tra le ombre lunghe e misteriose della pineta, legata alla terra degli umani da una scala metallica rossa, sollevabile, però, come il ponte levatoio in un libro di fiabe.
Ho avuto il dolore di rivedere la casa qualche giorno fa. Sembra un oggetto precipitato da un’altra galassia che si disfa tra la vegetazione. Un’ apparizione magica, se non richiamasse alla mente la stupidità distratta dei nostri tempi e i guasti che produce: una grande opera di poesia abbandonata al destino di oggetto divenuto inutile, come un frigorifero o un televisore.
Eppure la casa-albero non è ancora una rovina, si può ancora salvare. Attende solo che qualcuno nel Comune di Fiumicino si svegli dal torpore e si accorga di quanto potrebbe essere utile (utile!) questo patrimonio prezioso abbandonato tra i pini.

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