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Marcello Sestito – Grammatiche terrestri – Territorial grammars

in U+D Urbanform and Design  n.19

 

L’occhio alato di Leon Battista Alberti
“Il sale affermò di non voler risiedere nello stesso posto del ghiaccio, per quanto entrambi fossero nati da medesima madre; dichiarò di fatto che non intendeva porgere l’occasione per farsi rovinare dalla sua inconsistenza e mollezza”.
Leon Battista Alberti, Apologhi

Quando Leon Battista Alberti dovette decidere come raffigurare il suo pensiero, il “Quid Tum”, se non proprio il suo essere, raffigurò un occhio alato, un occhio sostenuto in volo da due ali leggermente scostate in grado di trasportare la visione nello spazio, oltre le limitate e quotidiane abitudini terrestri e
pertanto garantirsi quella visione satellitare che l’uomo avrebbe conquistato solo dopo 600 anni. Certo non sono mancati i pionieri dello sguardo alato: dal mito di Er nella Repubblica di Platone a La Storia vera di Luciano di Samosata fino al Somnium Scipionis a lungo attribuito a Cicerone, per finire, o quasi, con La storia degli stati del Sole e della Luna di Cirano de Bergerac.
Quello che ci preme chiarire in tale contesto è come questo sguardo abbia potuto cooptare scenari inediti per l’architettura, come la complessità dell’ecumene si sia impressa nello sguardo dell’architetto e di come egli ne abbia saputo cogliere inediti spunti o atteggiamenti progettuali.

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