L’AMPLIAMENTO DEL CIMITERO DI TERNI



di Giuseppe Strappa

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in Oltre l’architettura moderna ,  «Quaderni di Ajòn», Firenze 2006

Il nuovo cimitero civico di Terni nasce dalla lettura dei tipi architettonici che la storia delle sepolture ha sedimentato nel corso del tempo e dalla riflessione sulla natura del luogo, un’area ancora rurale ai confini della città. Lettura che ha indicato l’idea di rendere evidente l’appartenenza delle nuove costruzioni alla vita urbana, allo stesso modo dei luoghi di sepoltura antichi attraverso i quali i cittadini, sepolti ad santos et apud ecclesiam, facevano ancora parte, in qualche modo, della vita pubblica con il ricordo del loro esempio, delle loro virtù e delle loro passioni.
Ma la città contemporanea, e forse la città di ogni tempo, non è il luogo sicuro, meno che mai del riposo sereno mentre la memoria, o meglio l’immaginazione,  associa la campagna umbra alla serenità del lavoro agricolo. Per questo l’immagine del nuovo cimitero di Terni è il prodotto di una diade di termini opposti e complementari: una parte di città e, insieme, un giardino protetto, dove le mura che separano la vastità del territorio esterno rivendicano il diritto delle memorie più care a restare al di qua del confine. Anche i grandi crateri esprimono, insieme all’allusione al ciclo agrario (al ritorno alla Terra Madre) la partecipazione alla memoria e al dolore collettivo.
La ratio generale è fondata sull’affinità, logica e storica, con i principi di trasformazione tipici, e ancora operanti, dei tessuti edilizi: su aggregazioni di elementi seriali unificati da percorsi, collaboranti a costituire organismo. La lettura dei processi formativi ha fornito, anche, preziose indicazioni sul carattere della costruzione. La scelta di strutture di tipo plastico-murario è legata alla nozione di “area culturale”, a quelle qualità specifiche che costituiscono uno dei fattori più vivi di continuità nelle comunità civili che hanno trasformato nei secoli questo territorio (se il termine non avesse dato luogo a infiniti equivoci si potrebbe parlare di una “coscienza spontanea” ancora operante).
La stessa, necessaria, continuità della costruzione murararia stabilisce,   all’interno delle pareti, forma e posizione degli elementi secondo un’organica gerarchizzazione tra le parti, che differenzia, ad esempio, la fascia basamentale dall’elevazione e dalla fascia di unificazione, (qui costituita dalla trave sagomata continua alla sommità della parete) in sintesi la porzione massiva e opaca dalla conclusione della copertura, leggera e trasparente.
Il nuovo cimitero è, dunque, del tutto convenzionale: la lingua che impiega deriva da codici comuni; le sue forme dalla profondità della storia, dove esistevano latenti, preformate, in attesa di essere portate alla luce. La selezione dei materiali (ed il linguaggio ad essi associato) ha tenuto semplicemente conto delle trasformazioni e aggiornamenti introdotti dalla modernità. Nella Terni contemporanea paesaggio industriale, tessuto urbano e mondo rurale sembrano avere insolitamente trovato, fin dalle trasformazioni ottocentesche, un modo di fondersi con qualche armonia, o almeno di convivere senza recarsi reciproche offese. Questa riflessione ha indotto ad apportare sostanziali modifiche ai disegni di concorso con l’introduzione delle coperture metalliche e delle bielle in ghisa che le sorreggono, e poi del carattere elastico delle torri per le scale, dove i telai   metallici sostengono le chiusure in mattoni.


gruppo di progettazione: Giuseppe Strappa (capogruppo), Tiziana Casatelli, Paola Di Giuliomaria, Mario Pisani, Elmo Timpani.

ISUF Conference 2008 – Artimino (Carmignano, Prato) 21-23 November

“Landscape and urban form”

ISUF Conference 2008

ISUF will hold an international conference in Artimino, next to Florence, Italy, into the XVI century Medicean Villa, on 21, 22 and 23 of November. The broad theme of the conference will be “Landscape and urban form”. It is hoped that the conference will showcase current research and practice in urban morphology in relation to different international centres.

Urban Morphologists wishing to present a paper at the conference should contact Professor Gianluigi Maffei, Florence Faculty of Architecture, Department of Architectural Design, Viale Gramsci n°42, 50132 Firenze (e-mail: gianluigimaffei@libero.it). Proposals should have the following format: name of author(s), affiliation, postal address, e-mail address, telephon number, fax number, title of paper and an abstract of about 250 words. The deadline for the receipt of proposals is 1 July 2008.

The number of places at the conference will be limited and acceptance for attendance will be on a first come, first served basis. Placement on the programme will be communicated to applicants by 15 July 2008, and will be contingent upon advance registration. Details are available on ISUF’s website (www.urbanform.on) from 1 of April. Definitive papers should be submitted by 15 of September 2008.

The next meetings of ISUF’s Council and Editorial Board will take place during the conference. Any matters that members wish to bring to the attention of the Secretary-General, Prof. Nicola Marzot, should be communicated to him by e-mail at studioperforma.marzot@email.it (postal address: Faculty of Architecture, University of Ferrara, Via Quartieri n°8, 44100 Ferrara, Italy)

conference program

FRIDAY   21
2.00 – 4.00 p.m. – Registration
4.00 – 5.15 p.m. – UM Editorial Board (Members only:
Room B)
5.15 p.m.          – Welcome Coffee
– Inauguration of the Exhibition “Carmignano, its Territory and its Settlements”
5.15 – 6.30 p.m. – ISUF Council (Members only: Room B)

ROOM A
6.30-7.00 p.m. – Welcome remarks
– Doriano Cirri, Mayor of Carmignano
– Ulisse Tramonti, Director of Dipartimento di
Progettazione dell’Architettura, Università di Firenze
– Gian Luigi Maffei, President of ISUF
– Alessandro Merlo, President of CISPUT

7.00-7.45 p.m. Keynote lecture:
Urban forms and landscape: hard times, new issues?
Pier Giorgio Gerosa, Ècole Nationale Superieure
d’Architecture de Strasbourg, Strasbourg, France
8.30 p.m. – Dinner


SATURDAY   22

ROOM A
9.00-9.45 a.m – Keynote lecture:
Through the French urban landscape, and what can we find there
Michaël Darin, Ècole Nationale Superieure d’Architecture de Versailles, Versailles, France

ROOM B
9.45-10.45 a.m. – Chair: Jeremy Whitehand

Malignant land use/cover expansion in human communities
Warren M. Hern, Departement of Anthropology, University
of Colorado, Boulder, Colorado, USA

Planned cities and landscape: historic cases in Finland
Marjut Kirjakka, Helsinki, Finland

ROOM C
9.45-10.45 a.m. – Chair: Nicola Marzot

Inherited urban forms and the challenge of the twenty first century
Jorge Ricardo Ferreira Pinto, Faculdade de Letras da Universidade do Porto, Porto, Portugal

The urban spatial cycles related to economic cycles. Theoretical base for empirical research
Rozana Rivas de Araújo & Maria Alice  Lahorgue, Universidade Federal do Rio Grade do Sul, Porto Alegre, RS, Brazil

10.45 a.m.  –  Coffee break

ROOM B
11.00-12.00 a.m. – Chair: Jeremy Whitehand

Urban Morphology and landscape concepts as instruments for planning practices
Staël de Alvarenga Pereira Costa, Escola de Arquitetura, Departamento de Urbanismo, Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, MG, Brazil

Fringe belts and Green belts
Sigridur Kristjansdottir, Agricultural University of Iceland, Borgarnes, Iceland

ROOM C
11.00-12.00 a.m. – Chair: Nicola Marzot

New paradigms for the contemporary landscape: environmental planning and urban form in an Amazon town
Paolo L. Codo Dias & Lucia Capanema Alvares, Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, MG, Brazil

Crisis and new opportunities of Sardinian rural landscapes
Adriano Dessì, Dipartimento di Architettura – Università degli Studi di Cagliari, Cagliari, Italy

12.30 p.m  – Lunch

ROOM A
2.30-3.15 p.m. – Keynote lecture:
How growing cities internalize their old urban fringes
Michael Conzen, Committee on Geographical Studies, University of Chicago, Chicago, IL, USA

ROOM B
3.15-4.45 p.m. – Chair: Staël de Alvarenga Pereira Costa

Spatial culture related to the private and public planning of Aracaju (1855-2003)
Eder Donizeti da Silva & Adriana Dantas Nogueira, Federal University of Sergipe, Aracaju, Sergipe, Brazil

Detailed plan of the historical center: in the merit of the historical urban fabric
Pico Farnese
Paolo Carlotti, Facoltà di Architettura, Politecnico di Bari, Bari, Italy

The urban legislation and morphology of Moema (São Paulo, Brazil)
Denise Antonucci, FAU, Universidade Presbiteriana Mackenzie, São Paulo, SP, Brazil

ROOM C
3.15-4.45 p.m. – Chair: Shigeru Sato

Mapping Urban Symbolic Order
Ana Paula Polidori Zechlinski & Romulo Krafta, Federal University of Rio Grande do Sul, Porto Alegre, RS, Brazil

A methodology for eliciting the public multi-sensory image of urban open spaces
Paula Barros, Oxford Brookes University, Belo Horizonte, MG, Brazil

Landscape and urban form. Linguistical components of settlement types
Mario Gallarati, Studio Architettura Gallarati, Genova, Italy

4.45 p.m. –  Coffee break

ROOM B
5.00-6.30 p.m. – Chair: Staël de Alvarenga Pereira Costa

Sustainable transport modes: a solution of transport dilemma in Auckland
Ning Huang & Robert Vale, School of Architecture and Planning, University of Auckland, Auckland, New Zealand

Disperse Urbanization in Região dos Lagos: a case study
Gabriela Campos, Michele Coyunji & Werther Holzer, Universidade Federal Fluminense, Niterói, RJ, Brazil

The international influences on the planning of Abuja, the new capital of Nigeria
Jurgen Lafrenz, Universitat Hamburg, Hamburg, Germany

ROOM C
5.00-7.00 p.m. – Chair: Shigeru Sato

The concept of ‘Cultural Region’. Between landscape and urban form: the Emilian case-study
Marco Maretto, Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Parma, Parma, Italy

A study on the interaction between town layout and nature: the urban landscape of Maringá, Brasil
Karin Schwabe Meneguetti & Renato Leão Rego, Departamento de Arquitetura e Urbanismo, Universidade Estadual de Maringá, Maringá, PR, Brasil

Village-scape and morphology: a study on Chinese historic villages
Sheng Ying, Shanghai Tongji Urban Planning & Design Institute, Shanghai, China

Urban morphology and planning: exploring the fringe-belt concept in Auckland, New Zealand
Kai Gu,  School of Architecture and Planning,
University of Auckland, Auckland, New Zealand

8.00 p.m. – Gala dinner

SUNDAY  23

ROOM A
9.00-9.45 a.m – Keynote lecture:
The concept of territory of the Muratorian school
Attilio Petruccioli, Facoltà di Architettura, Politecnico di Bari, Bari, Italy

ROOM B
9.45-10.45 a.m. – Chair: Giuseppe Strappa

Lhasa: urban morphology in transit
Amund Sinding-Larsen, Norwegian University and Science, Trondheim, Norway

Iugeral models for the park of the aquaeducti aniensi: a new archaeological restraint. Castel Madama (Rome) Italy
Alessandro Camiz, Università di Roma ‘La Sapienza’, Facoltà di Architettura ‘Valle Giulia’, Roma, Italy

ROOM C
9.45-10.45 a.m. – Chair: Michael Barke

The morphological aspects of the construction of Lisbon’s landscape territory: Urban Form vs. Cultural identity in the county of Cascais
Maria Amelia Cabrita & Teresa Marat-Mendes, ISCTE, Department of Architecture and Urbanism, Lisboa, Portugal

Urban landscape and the new suburbs in Rio de Janeiro, Brazil
Maria Marta dos Santos Camisassa, Universidade Federal de Vicosa, Vicosa, MG, Brazil

10.45 a.m.  –  Coffee break

ROOM B
11.00-12.30 a.m. Chair: Giuseppe Strappa

The mediterranean city of Parga in Epyro, process of development from the past to the future next
Marilena Novelli & Enrico Genovesi, Facoltà di Architettura L. Quaroni, Università ‘La Sapienza’, Roma, Italy

Contemporary urbanism and urban morphology in the cities of north of Portugal (1852-1926)
Mário Gonçalves Fernandes, Departamento de Geografia, Faculdade de Letras da Universidade do Porto, Porto, Portugal

The transformation of the urban tissue in the Tetrarchy imperial residencies
Giacomo Gallarati, Facoltà di Architettura, Genova, Italy

ROOM C
11.00-12.30 a.m. – Chair: Michael Barke

Transformation coastal process along the ‘Salpi’ Lagoon. From the Urban structure of Margherita di Savoia to the develop of the agricultural housing on the sand bar
Giuseppe Francesco Rociola, Politecnico di Bari, Bari, Italy

Afonso Pena Avenue: between the creek and the mountain range
Bernardo Nogueira Capute, Camila Marques Zyngier & Paula Balli Cury, Belo Horizonte, MG, Brazil

Reading-study and project for the historical centre of Castel Madama (Rome, Italy) and its territory
Alessandro Franchetti Pardo, Università di Roma ‘La Sapienza’, Facoltà di Architettura ‘Valle Giulia’, Roma, Italy

ROOM A
12.30-1.30 p.m. – President:  Gian Luigi Maffei
ISUF general meeting and conclusion

1.30 p.m. –   Final lunch

IL PIANO DELL’ISOLA DI PIETRA

di Giuseppe Strappa

Architetture di mare e di costa
in “La Repubblica” del 21/8/1991.

Nel gennaio del 1771, quando il maggiore dell’esercito borbonico Antonio Winspeare stese una burocratica relazione sullo stato dell’isola  all’Intendente dei Beni Reali , è probabile  che  avesse ancora in mente quella prima impressione di disperata selvatichezza , di desolata solitudine , che lo aveva colpito  allo sbarco nell’approdo di Ponza.  Davanti alla prua del brigantino  della marina di sua maestà Ferdinando IV gli era apparso  un universo pietroso e inospitale,di impressionante nudità,  dove poche ficaie fornivano gli unici alberi esistenti e la lotta tra la terra  ostile e i pochi coloni trapiantati di recente sembrava si stesse risolvendo a favore della  prima. Arrivati dalla civilissima Ischia per addomesticare   la natura selvaggia dell’isola, i coloni erano stati trasformati in selvaggi essi stessi: persi tra le rocce, rifugiati  in caverne , coltivavano terreni battuti dai venti , insidiati dalle piogge. Tanto contesi dai rovi,  che il maggiore napoletano annotava diligentemente  come fosse impossibile distinguere  dal mare  le terre fruttifere da quelle deserte. Suoli pure fertili, che producevano, tuttavia, solo un’uva che dava  vino cattivo, impossibile da conservare oltre  febbraio.
Un posto maledetto . Nel quale comunque, osservava  deciso Winspeare , non si doveva   disperare di stabilire un insediamento civile. Ma occorreva  un piano, subito. Un piano semplice e lucido, capace di dare ordine alle opere da eseguire , perchè tutto “si potesse esattamente e regolarmente ordinare.” Un piano pratico, dove il deflusso regolare delle acque assumesse  la stessa importanza dell’architettura della chiesa, dell’ubicazione degli edifici pubblici.
Winspeare doveva essere un funzionario duro. Fece sbarcare i trecento galeotti  destinati ai lavori e li   rinchiuse sbrigativamente  nella grotta  oggi detta  “Bagno degli Scotti” e nella vecchia cisterna romana ; dispose rigidi  ordini per i soldati di guarnigione, nel numero di uno per ogni forzato.
Chissà  come questi uomini pronunciavano, in dialetto napoletano,  il suo impervio  nome . Non è dato sapere se, come per Van Wittel- Vanvitelli,  esso fosse  italianizzato nell’uso,  o se, come è probabile, esso venisse crudelmente  storpiato , come un’imprecazione.  Del resto  il maggiore godeva di una fama ben diversa  da  quella  del  vecchio  architetto: il suo ruolo di ingegnere militare lo costringeva entro i limiti di una pratica consueta e senza gloria, consolidata dall’uso e codificata dai manuali  secondo  regole che , sull’esempio francese,  in quell’epoca venivano  seguite negli eserciti di tutta Europa. Un militare  fidato e  accorto,  un ingegnere capace cui affidare incarichi difficili  in Campania o nelle  Calabrie devastate dal terremoto, ma anche  un uomo imbrigliato dalle piccole e grandi faccende quotidiane. Eppure del Vanvitelli  forse  condivideva  una qualche riposta capacità di operare grandi  sintesi. Ed è possibile che covasse, anche, qualche segreta  propensione per le architetture civili  di largo respiro , non  estranea a quel clima di ottimismo, illuminato e riformatore ,instaurato nell’amministrazione napoletana  dal grande ministro Tanucci , che produceva  straordinari progetti di città “ideali”   e insediamenti industriali modello come San Leucio.
Winspeare dispiegò nel piano per Ponza una tattica di burocratica prudenza e, insieme,  una strategia astuta e lungimirante.
Il suo primo disegno prende atto della desolazione senza storia del luogo e indica le prime teste di ponte, capisaldi del mondo civile. Una civiltà militare e borbonica, s’intende : i magazzini lungo il molo, l’abitazione del Governatore (ormai scomparsa) il Nuovo Casamento (oggi Palazzo comunale), soprattutto la torre del faro, indicata nel disegno con l’importanza che la funzione richiedeva.  Ma anche la chiesa a pianta centrale dedicata alla SS. Trinità e il convento che ospiterà i cappuccini scomodi della terraferma (apostati, “effeminati” o quelli che “non soffrono  alcuna riprensione”).   Edifici regolarissimi che testimoniavano attraverso l’ossessione dell’angolo retto o le rare eccezioni della circonferenza , dell’esagono , come un  nuovo ordine  artificiale stesse facendo irruzione nell’universo selvaggio  dell’isola .
Non serviva  a Winspeare  un’immaginazione brillante, ma il supporto di una geometria tenace , un tracciato regolatore di  chiarissima evidenza.  I lavori dovettero proseguire rapidamente: per usare un ossimoro solo apparente, con  efficienza borbonica .
E poichè la fondazione di una nuova città  è sempre un  evento straordinario , una fecondazione  che ha bisogno di gesti rituali, una volta affermata la presenza sull’isola il disegno di Winspeare si fece  in qualche modo solenne, una geometria dove la ripetizione quasi sorda degli elementi seriali (la successione regolarissima di abitazioni, botteghe, magazzini)  doveva propiziare la lettura della gerarchia degli edifici speciali destinati al Culto e all’Autorità. Il completamento dell’opera avvenne infatti  attraverso la grande quinta edilizia di corso Principe di Napoli eseguita dall’aiutante Francesco  Carpi sulle indicazioni del maggiore che continuava a dirigere le opere dalla sua casa di Portici . Quinta antinaturalistica, che sembra addossata al terreno ed è invece del tutto indipendente: si veda la sua sezione,  di “navale” coerenza, con il passaggio in quota della via Corridoio che sembra anticipare in qualche modo li percorsi interni degli organismi lecorbusieriani.
Nasce così un microcosmo autonomo, perso nel vasto mare. Completo ,  razionale, assolutamente  artificiale come un bastimento. Ponza non è solo  moderna perchè ha un ricordo recente, vitale e quasi autobiografico del proprio passato : lo è anche perchè, piccolo miracolo della storia, è un luogo di architettura attualissima, di grande unità compositiva, con soluzioni quali il doppio percorso (sulla banchina per i traffici e sulle coperture dei magazzini per gli abitanti) che non solo interpretano felicemente i principi della città illuminista, ma  anticipano  ricerche svolte all’inizio del nostro secolo. Credo che nulla sia più falso del luogo comune  che vuole  questo singolare insediamento classificato tra gli esempi più tipici   del pittoresco mediterraneo. E’ vero il contrario. La sua architettura è duramente logica, la sua immagine   vagamente scontrosa. Se fosse stata costruita  in un luogo  appena meno solare potrebbe sembrare addirittura cupa, introdotta  al visitatore, per giunta,  dal piccolo, bellissimo cimitero, vera “città dei morti”  posto dai fondatori a guardia dell’insenatura del porto   ad indicare l’avvenuto  radicamento nell’isola, la loro orgogliosa volontà di memoria.
Solo il tempo ha  addolcito  la ruvida macchina  urbana della Ponza borbonica, riportandola ad una dimensione più cordiale: la geometria implacabile della struttura originale si è  diluita nei tagli minuti delle cellule,  nelle piccole aggiunte, nelle modifiche estemporanee e diseguali . Finendo per obbedire  a quel principio compositivo, ancora una volta modernissimo , che vuole la complessità dei dettagli (il caos dei particolari) inserita in un ordine generale comprensibile.  In quel  segno vasto e fertile lasciato in eredità all’isola, come un dono prezioso, dall’onesto burocrate  Winspeare.

LA LEZIONE DELL’ARA PACIS

di GIUSEPPE STRAPPA
in «Corriere della Sera» del  4.11.2001

Posto nei termini di conservazione o innovazione il problema dei nuovi interventi per Roma, come quello dell’Ara Pacis, risulta insolubile. Se non c’è dubbio, infatti, che la città si vada inevitabilmente trasformando secondo un processo fisiologico inarrestabile, è anche vero che l’ammirazione acritica per le nuove architetture mitteleuropee, per le decostruzioni, per l’ high-tech con cui gli innovatori hanno identificato la modernità (si veda l’esito dei recenti concorsi di progettazione) non possono che propiziare nuovi guasti. Forse bisognerebbe riflettere sul fatto che le rivoluzioni introdotte dai pionieri, consolidate nel tempo come carattere «autentico» del moderno e perno dell’architettura universale, sono in realtà l’esito specifico di un processo che da secoli opera nelle aree egemoni del nordeuropa. Di contro, la cultura legata alla continuità, alla consuetudine costruttiva plastica e muraria, ha sviluppato a Roma un’architettura moderna dove tutto è legato da una stessa nozione di organicità, dove spazio, distribuzione, struttura, obbediscono ad una stessa legge formativa. Un’architettura forse difficilmente apprezzabile da palati assuefatti agli scintillanti exploit alla Frank Gehry, ma che ha dimostrato, attraverso opere straordinarie, come la nozione di durata dell’architettura sia un patrimonio alternativo al mito, in declino, della macchina e a quello, emergente, dell’informatizzazione. Quando pensiamo una nuova architettura per Roma dovremmo forse giudicarla secondo la sua condizione di futura rovina, della quale quella presente non è che uno stato di provvisorio passaggio, una transizione. Basterebbe allora paragonare l’immagine di miserevole disfacimento suscitata dai molti capolavori della modernità ufficiale caduti in rovina, con la nobiltà che collassi statici e perdita di funzione hanno attribuito agli edifici antichi, per capire come l’ideologia del moderno internazionale, esaltando l’idea di obsolescenza, demolizione, sostituzione, risulti estranea al carattere dell’architettura romana.
Ma a Roma, almeno nella sua parte consolidata, il rapporto solidale e necessario tra l’organismo urbano e gli elementi che lo compongono lega i resti dell’eredità antica alle fondazioni della città barocca, i tracciati medievali alle costruzioni di età umbertina. La grande civiltà degli spazi pubblici romani è, soprattutto, il risultato di una secolare arte di costruire la città legata alla cultura condivisa del generale e del comune contro l’accidentale e il frammentario. Qui il problema della forma di uno spazio pubblico non può che modernamente porsi nel processo di trasformazioni che hanno costruito lo spazio attuale modificando la materia portata a riva dalla storia.
Posta in questi termini, anche la polemica sulla sistemazione dell’Ara Pacis potrebbe avere un respiro diverso: se i fotomontaggi di Meier mostrano con chiarezza la estraneità del nuovo museo al carattere del luogo, il vuoto che ormai le demolizioni hanno generato a ridosso del lungotevere si offre alla riflessione sul carattere della Roma futura, propiziando la formazione di un grande spazio urbano che leghi organicamente l’area sul fronte di San Rocco e San Girolamo (l’antico Porto di Ripetta), il Mausoleo di Augusto, l’asse di via di Ripetta. Le generose energie profuse nei progetti sarebbero state utilmente impiegate, almeno, per porre un problema di vasta portata.