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Giuseppe Strappa – COURSE IN URBAN MORPHOLOGY – SAPIENZA ROME UNIVERSITY – 2018/2019

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”.

COURSE IN URBAN MORPHOLOGY  IN ENGLISH   –    2018/2019

prof. Giuseppe Strappa
collab. arch. Annarita Donatella Amato
arch. Vincenzo Buongiorno
arch. Marta Crognale
arch. Cristian Sammarco

SCHEDULE 

 

 

 

 

locandina SCHEDULE PDF

READING BUILT SPACES – 4th ISUFitaly Conference

Bari, 26-28 September 2018

The conference’s aim is to propose a dialectical comparison between scholars of Architecture, Urban Planning, Urban History, Restoration, Geography, on the theme of urban morphology with an interpretative perspective based on the concept of “operating history”. Search for a multidisciplinary syncretism that eludes single analyzing techniques and aims to the complete reconstruction of the urban phenomenology in its totality and concrete essence, through the study of the changing and inflexible condition of ‘fluidity’ hinged on the world’s events. An integrated thought based on the critical concept of ‘making’ that constitutes, phase by phase, the signifying element of each present, explained through the relationship between the before and the after: that is the research perspective of ‘being’ that announces the notion of transformational process.              Therefore, the projection in the future of the urban form is the central theme of the conference that proposes to stimulate the reflection on the issues as: recovery (not only of the historical city), re-use of existing urban spaces, regeneration, ex novo design in peripheral and peri-urban areas and natural spaces. All that, without neglecting the issue of sustainability, not considered with the strabismus of those who surrender to the “technique” pre-domain.

Themes:

THEORY

1. Urban form theories

2. Urban form between identity and spatial semantics

3. Contemporary urban spaces between form and process

4. Urban form between architecture and landscape

5. In making structural or timeless paradigm?

READING

1. Form and structure of the historical city

2. Urban morphology and settlement process

3. Relation between periphery and natural space

4. Structure of the informal city

5. Metropolis and megalopolis in the making

DESIGN

1. Today’s city and future shape

2. Urban restoration and post-trauma re-construction between conservation and innovation

3. Fringe belt riqualification

4. The urban project between city and nature

5. Ecological urban environments

Conference Chairs
Matteo Ieva, Polytechnic University of Bari, Italy
Paolo Carlotti, ‘Sapienza’ University of Rome, Italy
Loredana Ficarelli, Polytechnic University of Bari, Italy

RICCARDO MORANDI E IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA

LE CREAZIONI DI MORANDI E L’OBBLIGO DI MANTENERE LA SICUREZZA

di Giuseppe Strappa

La Repubblica del 27 agosto 2018

Manfredo Tafuri lo definiva, senza mezzi termini, “il più valido e inventivo strutturista italiano”.
Nato a Roma e di formazione romana, Riccardo Morandi è stato uno dei protagonisti della fortunata stagione che, negli anni del miracolo economico, ha portato l’ingegneria italiana ai vertici mondiali.
I suoi ponti hanno costituito il simbolo della rinascita del paese. Come la Vespa o, meglio, la Ferrari.
A Roma Morandi ha costruito i cinema Maestoso, Augustus, Giulio Cesare, e le innovative strutture “strallate” degli hangar di Fiumicino e del viadotto della Magliana.
Di Morandi in questi giorni si parla molto e a volte a sproposito.
Dopo il disastro di Genova, col passare dei giorni e delle interviste, un’ombra di dubbio sembra avanzare sulla validità del suo progetto. Si cita, tra l’altro, una frase di Bruno Zevi che osservava, negli anni ‘70, come le strutture di Morandi sembrassero “raggelate un momento prima del crollo”. Una frase che, riportata così, fa venire i brividi. Ma inserita nel contesto in cui è stata pronunciata, può servire a chiarire il problema. Zevi era il portatore non solo di un’accezione estrema dell’estetica informale, ma anche della convinzione condivisa che le case, i grattacieli, le centrali nucleari, come le macchine, dovessero avere una vita limitata.
Era crollata quell’idea di durata che per secoli era stato il riferimento di ogni costruttore.
Morandi, come ogni grande architetto, esprimeva in pieno la cultura del proprio tempo. Con lo stesso spirito, in tutto il mondo, si sono costruite grandi strutture in precompresso, dove sono in equilibrio meccanico enormi sforzi di trazione nei cavi d’acciaio e compressione nel calcestruzzo. Un equilibrio rischioso e precario se la manutenzione non ne garantisce il funzionamento.
Noi oggi facciamo i conti con questa eredità di tecnologie sofisticate e fragili che richiedono cure continue. Possiamo continuare a mantenerle in vita, ma dobbiamo valutare ed essere disposti ad affrontarne i costi.
Sapendo, però, che in questo campo non esistono fatalità.

LA CASA COSTRUITA DA GIUSEPPE PERUGINI A FREGENE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la Repubblica del 23 agosto 2018

LA CASA-ALBERO DIMENTICATA

Giuseppe Strappa

Se ripenso alla casa che Giuseppe Perugini si costruì a Fregene alla fine degli anni ‘60, posso dire che é nata in mezzo alla musica. Lo so che sembra una frase retorica. Ma è proprio così. Nello studio di Via dei Traversari c’era musica dovunque, a tutto volume, sempre. Rock americano soprattutto, ma anche musica giamaicana, pop e tanto altro. Ricordo l’architetto, con i capelli lunghi spettinati, il naso aquilino, gli occhi acuti e mobilissimi che disegnava in un caos totale, tra acuti di chitarra e vibrazioni di bassi che entravano nello stomaco. Altro che ricerca paziente, come insegnava papà Le Corbusier! Per Perugini, nato in Argentina, l’architettura era una liberazione, il sogno estatico di un futuro meccanico/umanistico in cui non vedeva alcuna contraddizione. Forse era l’anima romantica del moderno: seguiva principi razionali ma li portava in territori estremi e inesplorati, dove diventavano materia poetica. Trasformava la suggestione della macchina (dilagante a quei tempi) da simbolo di esattezza in fascinazione dinamica, evocazione del caos. Ma con calviniana leggerezza, senza caricare le proprie creature del gravame ideologico dei costruttivisti russi o dei futuristi nostrani. O almeno io la vedevo così.
Il progetto della sua casa era un incredibile assemblaggio di volumi che si aggregavano e cambiavano posto di mese in mese, un infinito gioco colorato al quale si univano con passione la moglie Uga e il figlio Raynaldo. Finché la costruzione apparve, magnifica, sospesa a mezz’aria tra le ombre lunghe e misteriose della pineta, legata alla terra degli umani da una scala metallica rossa, sollevabile, però, come il ponte levatoio in un libro di fiabe.
Ho avuto il dolore di rivedere la casa qualche giorno fa. Sembra un oggetto precipitato da un’altra galassia che si disfa tra la vegetazione. Un’ apparizione magica, se non richiamasse alla mente la stupidità distratta dei nostri tempi e i guasti che produce: una grande opera di poesia abbandonata al destino di oggetto divenuto inutile, come un frigorifero o un televisore.
Eppure la casa-albero non è ancora una rovina, si può ancora salvare. Attende solo che qualcuno nel Comune di Fiumicino si svegli dal torpore e si accorga di quanto potrebbe essere utile (utile!) questo patrimonio prezioso abbandonato tra i pini.