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ELOGIO DEL PALAZZO PUGLIESE

di Giuseppe Strappa
in «Dimore Storiche» n° 47/48, 1/ 2002

La grande rilevanza che la formazione del palazzo italiano ha assunto nel quadro della cultura europea non può essere fatta derivare unicamente dal ruolo che esso ha svolto nella storia dell’arte, dallo splendore delle sue facciate, dalla bellezza della composizione architettonica che ne organizza le parti: la sua importanza è dovuta anche, forse soprattutto, al valore di testimonianza dei caratteri di una civiltà che esso contiene, al profondo rapporto che instaura con l’aggregato di abitazioni che lo circonda e dal quale, dato fondamentale, esso trae la propria origine.
Questo processo formativo lega solidalmente il grande o il piccolo edificio nobiliare alla città in cui sorge, in un rapporto organico che vede le stesse nozioni di percorso, aggregazione, nodalità riscontrabili nei tessuti urbani, rispecchiarsi nel palazzo. Il quale finisce per organizzarsi, per dirla con l’Alberti, come una piccola città, regolato com’è dalla gerarchizzazione dei propri percorsi interni, dall’aggregazione dei vani, dalla polarità di scale e sale di rappresentanza.
Tanto a Venezia, quanto a Firenze o Roma, il palazzo deriva, in realtà, da quell’insieme di abitazioni di piccole dimensioni, l’edilizia “di base”, che costituisce la gran parte della città tradizionale, e la sua architettura è pertinente al tessuto che, nelle diverse aree culturali, assume caratteri specifici in funzione delle diverse forme che gli aggregati di abitazioni presentano: la casa-fondaco, e poi il palazzo veneziano, sorgono dalla trasformazione delle domus su cui è stata impiantata la città; il primo palazzo fiorentino nasce dall’incremento della casa mercantile; il palazzo romano ha origine dalla rifusione di modeste case a schiera, unificate da percorsi comuni “ribaltati” all’interno e da una facciata nella quale il ritmo ancora apprezzabilmente irregolare delle aperture lascia trasparire il travaglio del lavoro di unificazione e regolarizzazione svolto dal costruttore. Ma ben presto ai palazzi formatisi per diretta trasformazione dell’edilizia di base succedono strutture progettate ab initio, le quali, pur ereditando per intero i caratteri originali del processo formativo, vengono piegate, tuttavia, alle regole della geometria ed alla retorica individuale dell’architetto. Edifici come Palazzo Corner, Palazzo Davanzati, Palazzo Ossoli contengono, in altre parole, l’eredità operante della storia edilizia locale filtrata dall’apporto critico del progettista che si pone il problema del disegno unitario di un nuovo edificio. La complessità e la ricchezza dell’architettura spontanea vengono, in qualche modo, semplificate dall’ordine generale dell’architettura completamente progettata, mentre scelte estetiche colte e dichiaratamente orientate dalla personalità dell’architetto immettono il nuovo edificio in un contesto culturale molto più ampio di quello locale.
In questo contesto, articolato negli esiti ma comune nei principi, i palazzi e le dimore nobiliari formatisi in Puglia a partire dal XV secolo assumono un’importanza particolare costituendo, nella grande maggioranza dei casi, la testimonianza di una sintesi architettonica fondata con continuità sulla trasformazione diretta dell’edilizia di base della quale permangono, evidenti, non solo le tracce murarie, ma i contributi strutturanti la forma ultima dell’edificio. Nelle tante città pugliesi di illustri (e spesso malnote) tradizioni edilizie, la mano dell’architetto raramente irrigidisce la costruzione di un palazzo in un progetto geometricamente preordinato, derivato da un trattato o dall’esperienza di edifici simili individuati in altri contesti culturali; più spesso opera, almeno fino all’inizio del XIX secolo (quando si abbattono le mura delle città pugliesi e si costruisce su nuovi terreni), per accorpamenti, per raccordi di facciate, per ricuciture di percorsi, che l’architetto, tuttavia,   utilizzando ancora la materia viva del tessuto esistente, del patrimonio di piccole case monocellulari, cortili, vicoli portati a riva dalla storia locale.
Il fluire imprevedibile della vita delle città, che scorre e trasforma piazze, strade, edifici, è dunque ancora leggibile nella forma molteplice del palazzo pugliese, nell’apparente casualità leggibile nonostante la cortina dell’ordine geometrico disposto dall’architetto. Il quale interpreta attraverso la nuova costruzione, a sua volta, le regole che, nella città, unificano, in una comune nozione di tessuto, il frammento nella totalità, l’accidentale nell’ordine generale dell’organismo urbano. Il palazzo pugliese contiene, dunque, la seducente, duplice rappresentazione del desiderio di unificare una parte di città, e della necessità di mostrare il sostrato degli edifici che lo hanno generato: in modo non diverso da quanto avviene per la lingua, dove il parlato quotidiano è il fondamento dei codici della scrittura e, in qualche caso, del linguaggio della poesia.
Constatazione questa, peraltro evidentissima in tessuti che, come a Trani, si sono formati attraverso un lungo processo di stratificazioni successive: qui i grandi e piccoli palazzi delle famiglie che hanno avuto un ruolo importante nella vita economica e civile della città ( i Caccetta, i Lopez, i Filangeri, i Carcano) sembrano affiorare da un potente strato geologico di edilizia “minore” che trasmette loro, in modo diretto, attraverso la fisicità della costruzione, il patrimonio della cultura del luogo.

Giancarlo Galassi

Giancarlo Galassi (Roma,1963) si laurea con lode presso la Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, tesi in Progettazione Urbana, relatore Prof. Arch. Franco Purini, con il lavoro teorico “Composizione architettonica e tipologia edilizia: lettura dell’edilizia speciale” e la “Riprogettazione di un’area di risulta in un tessuto di palazzine”. Attualmente riveste il ruolo di Project Manager presso la Abaco Team Facility Management srl. Si segnalano, tra le esperienze professionali recenti: l’ampliamento della zona industriale di S. Palomba ex IBM con edifici a destinazione industriale e logistica (building management e monitoring); il progetto definitivo per un edificio residenziale e centro commerciale ad Albano (con F. Ballista, M. Concilio, R. Costantini, M. Patierno – Abaco Team Progetti srl); il progetto di concorso per un asilo nido località “Torrino sud” Roma; motto: “Goethe mio eroe” (con F. Menegatti, D. Nencini, S. Milani – ammesso alla seconda fase); il progetto per il porto di Pantelleria nell’ambito dell’iniziativa “Città di pietra” sezione della 10a Mostra Internazionale di Architettura, Venezia 2006 (con F. Menegatti, D. Nencini – pubblicato sul catalogo della mostra). Meno recentemente, come operaio edile, ha lavorato alla costruzione a Roma, tra l’altro, della Scuola Superiore dell’Amm. del Min. dell’Interno in v. della Giustiniana, di edifici industriali sulla via Tiburtina, di opere infrastrutturali e viadotti sulla via Aurelia, all’adeguamento a museo e al restauro della facciata di Castel Porziano, al restauro della facciata dell’Ala del Mascherino e Torre dell’Orologio del Palazzo del Quirinale.

Esperienze didattiche e principali pubblicazioni.

Tra il 1994 e il 2002 svolge attività di assistente del Corso di Arredamento e Architettura degli Interni presso la Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, Prof. Arch. Adelaide Regazzoni Caniggia. Nell’anno accademico 1995-1996 cura un seminario dal titolo “Moderno non moderno: il lavoro di Gianfranco Caniggia in Architettura” per il quale vengono invitati allievi ed collaboratori di Saverio Muratori e Gianfranco Caniggia, tra gli altri: Sandro Giannini, Guido Marinucci, Gianluigi Maffei, Maria Grazia Corsini, Giuseppe Strappa. Negli stessi anni riordina l’Archivio Caniggia (i materiali sono ora depositati all’Archivio di Stato) da cui derivano nel 1995 la mostra sull’opera di Emanuele Caniggia (di cui cura l’allestimento dapprima in Facoltà e successivamente a Velletri) e nel 1997 la giornata di studi su Gianfranco Caniggia presso L’Accademia di S. Luca collaborando alla redazione dei due testi: A. Regazzoni Caniggia (a c. di), “Emanuele Caniggia 1891-1986”, Dedalo, Roma 1995 e A. Regazzoni Caniggia (a c. di), “Gianfranco Caniggia 1933-1987”, Marsilio, Venezia 1997. Nel maggio 2008 interviene al convegno “Gianfranco Caniggia, architetto romano” presso la Facoltà di Architettura Valle Giulia e l’Accademia di S.Luca e collabora alla mostra dell’opera caniggiana allestita nell’Aula Petruccioli.

Tra le sue pubblicazioni si segnalano: A. Regazzoni Caniggia e G. Galassi, “Conservatemi la memoria”, in G. L. Maffei (a c. di), “Gianfranco Caniggia Architetto Roma (1933-1987)”, Alinea, Firenze 2003, pp. 103-111; G. L. Maffei, A. Regazzoni Caniggia e G. Galassi, “Repertori”, Ibidem, pp. 225-247; A. Regazzoni Caniggia e G. Galassi, “Nota alle illustrazioni dei disegni inediti di Gianfranco Caniggia”, in C. D’Amato Guerrieri e G. Strappa (a c. di), “Gianfranco Caniggia dalla lettura di Como all’interpretazione tipologica della città”, Adda, Bari 2002, pp. 15-16; A. Regazzoni Caniggia e G. Galassi, “Riformare l’architettura. Opusculum de ratio perspicuitatis”, Ibidem pp. 145-16 ; G. Galassi, “Progetto della Villa delle Belle Arti alla Caffarella, in R. Battistacci, L. Borroni, L. Gazzola, S. Lenci, M. Petreschi (a c. di) La didattica del progetto, Artefatto, Roma 1995, p.101-106; G. Galassi, “Casa-capanna a Tor San Lorenzo”, in La Nuova Città (riv. fondata da Giovanni Michelucci), serie VI n.5 mag.-ago.94, p.114-124.

Lab. Laurea

cm-gregoriano-territorio-1Laboratorio di Laurea A. A. 2008-2009

Laboratorio di tesi di laurea sulla citta’ di Castel Madama

Collegio dei docenti:

Giuseppe Strappa, Progettazione architettonica e urbana (coordinatore)

Manlio Vendittelli, Pianificazione territoriale

Francesca Esposito, Restauro urbano

Paolo Carlotti, Caratteri degli edifici e morfologia urbana

Finalità e metodo

Obiettivo del Laboratorio di tesi su Castel Madama è lo studio territoriale, urbano, tipologico, progettuale della città e del suo intorno che preveda la lettura della realtà costruita come componente indispensabile del progetto di architettura.

Questo fine verrà perseguito attraverso una serie di studi successivi e coordinati:

§la lettura del processo formativo dell’organismo territoriale, urbano, aggregativi e dei tipi di edilizia di base di Castel Madama anche attraverso la comparazione con le matrici individuabili nei tessuti di insediamenti laziali di carattere affine;

§la lettura del processo formativo dei tipi di edilizia specialistica (case a corte insulizzate, palazzi ed embrionali forme di palazzo, chiese);

§la lettura del processo formativo delle forme di aggregazione tipica (tessuti);

§lo studio dei caratteri dei tipi edilizi di base e specialistici in base alla sequenza delle trasformazioni tettoniche: materia, materiale, elemento, struttura di elementi, organismo di sistemi;

§il progetto di risarcimento della forma urbana contemporanea di Castel Madama;

§lo studio comparativo fra il processo formativo della città di Castel Madama e città analoghe per fase storica di formazione ed area culturale.

Il progetto finale, come continuazione di un processo in atto e (quindi) applicazione delle nozioni acquisite attraverso la lettura tipologico-processuale,avrà quali principali obiettivi:

il master plan generale che individui un nuovo assetto del territorio compatibile con il proprio processo formativo e sostenibile in termine di risorse ambientali;

il recupero edilizio/architettonicodi alcune zone degradate della città (restauro urbano);

la ricostruzione di parti traumatizzate da demolizioni o interessate da interventi recenti (v. le aree di accesso alla città: piazza Dante e piazza Garibaldi) che ne hanno compromesso il carattere, ovvero che non abbiano suggerito soluzioni congruenti;

il progetto di sistemazione della zona pomeriale del nucleo fortificato.

Il progetto esemplare di una parte della nuova espansione come risarcimento della forma urbana.

Strumenti

Cartografia: sarà impiegata oltre alla cartografia edita dalle istituzioni (PRG ecc.) anche quella elaborata nello scorso Laboratorio di Sintesi finale (ovviamente citando fonti ed autori). Alcune parti di tessuto non rilevate saranno interessate da un sintetico rilievo diretto da eseguirsi in loco.

L’elaborazione della pianta dei piani terra della città, con la ricostruzione dell’attuale assetto del costruito, consegue il fine di dotarsi di un efficace strumento di lettura del tessuto indispensabile alla progettazione del “nuovo” inteso quale processo di continuazione dell’esistente.

Per la ricostruzione delle fasi di trasformazione della città sarà inoltre impiegata la cartografia storica, i documenti d’archivio e la notevole bibliografia di studi sull’argomento.

Organizzazione

Il laboratorio prevede un numero massimo di sei studenti ai quali verranno assegnati tre temi (da concordare) per ogni gruppo di due studenti.

I docenti del laboratorio seguiranno i Laureandi in modo collegiale o individuale, secondo le necessità e secondo le proprie specifiche competenze.

Il progetto sarà individuale e coordinato con gli obiettivi individuati dal laboratorio.

Gli studenti interessati debbono inviare un breve curriculum (una cartella) con l’indicazione dei motivi dell’interesse al tema e delle capacità acquisite in materia al seguente indirizzo e.mail : gstrappa@yahoo.com entro il mese di settembre.

Gli studenti che parteciperanno al laboratorio debbono impegnarsi a seguire assiduamente le indicazioni della docenza e frequentare le revisioni con cadenza settimanale.

Catasto gregoriano